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  • Immagine del redattoreProspettive Magazine

Cari uomini, non sono una puttana

Questa è la faccia di una puttana.

Questa è carne da fottere e stuprare.

Questa femmina merita una vita impossibile.


Wired ha di recente condotto un'importantissima indagine: ha scovato uno dei più importanti gruppi telegram di Revenge Porn e stupro virtuale, che conta oltre 40.000 iscritti. Si tratta di una chat accessibile a tutti in cui gli utenti condividono foto e video di atti sessuali, foto prese da profili instagram e twitter (anche semplici primi piani di volti) e contenuti pedopornografici senza il consenso e la consapevolezza delle vittime. Come carne da macello, le donne coinvolte vengono esposte allo stupro virtuale, quindi masturbazione e descrizione di ipotetiche violenze sessuali nei commenti. Le chat vengono utilizzate anche per organizzare stalking collettivi: tra i messaggi sono presenti recapiti social, numeri di telefono e indirizzi di ex partner, con la richiesta di rendere loro la vita impossibile. A far raggelare maggiormente il sangue sono i contenuti pedopornografici, talvolta condivisi dagli stessi genitori. Condividere immagini a contenuto sessuale senza il consenso della vittima è reato di Revenge Porn. L'articolo 612-ter del codice penale prevede che chiunque realizzi o sottragga immagini o video a contenuto sessualmente esplicito destinati a rimanere privati e li invii, consegni, ceda o pubblichi senza il consenso delle persone rappresentate è punito con la reclusione da uno a sei anni o una multa da 5.000 a 15.000 euro. La stessa pena si applica a chi, dopo aver ricevuto o acquisito queste immagini, le diffonde. La pena aumenta se i fatti sono commessi dal coniuge o da una persona che è o è stata legata affettivamente alla vittima. Ciò che accade in queste chat è, di fronte alla legge, reato. Ma perchè esistono questi gruppi? L'errore da non commettere è considerarli come un fenomeno a sè stante e vedere i membri come dei mostri. Gli utenti che popolano queste chat, escluso qualche caso di reale depravazione, sono persone come tutti noi, fidanzati, amici, famigliari, figli coerenti di una società che insegna ad oggettizzare le donne. L'esistenza di questi gruppi può farci arrabbiare, ma non deve stupirci: è una questione di genere. Nella nostra società è radicata la cultura del cacciatore e della preda: l'uomo è il cacciatore, la donnaè la preda. La pedagogista Elena Giannini Belotti ha dimostrato che il ruolo della preda si consolida molto presto nelle bambine. Viene insegnato loro ad essere sensuali, desiderabili, ad attirare l'attenzione degli uomini in qualsiasi situazione. Essere bella significa essere piacente agli occhi degli uomini e bisogna saper accettare i loro apprezzamenti. In Italia il fenomeno del Cat Calling (fischiare o commentare una passante) non è socialmente condannato. Ho perso il conto delle volte in cui mi è stato detto:"Non lamentarti, è un complimento".

Certo, sono una donna: il mio obiettivo è essere desiderabile, quindi se un uomo dimostra di desiderarmi devo essere contenta. E attenzione: essere desiderabili, non desiderare. C'è differenza.

Gli uomini, d'altro canto, crescono con due idee ben definite: la prima è che l'obiettivo primario della donna sia essere conquistata dall'uomo e che quando si dimostra restia al corteggiamento, in realtà, non lo sia davvero.

La seconda è che il desiderio fisico sia un istinto incontrollabile e che non si possa stare troppo tempo senza rapporti sessuali. La perdita dell'autocontrollo, quindi il palesare i propri desideri sessuali o il corteggiamento privo di scrupoli, è vista come segno di virilità e considerata caratteristica intrinseca di tutti gli uomini. Mascolinità come sinonimo di possessività. Inoltre c'è un'attrazione verso il proibito, il voler fare qualcosa che gli altri dicono di non fare: in ambito sessuale nessuno ci insegna a superare questa forma di immaturità, questo desiderio infantile. Molto forte è anche l'idea del gruppo: fare qualcosa insieme ad altri fa sentire protetti. I lupi girano in branco, no? Considerato questo meccanismo di relazione, è facile sentire un discorso simile: non lamentarti se un uomo ti dà una pacca sul sedere in discoteca. Indossavi la minigonna e stavi sculettando, era ovvio che volessi attenzioni, e poi, sai, gli uomini non sanno contenersi. Prima provocate, poi vi tirate indietro e accusate gli uomini di essere dei porci. Se giochi con il fuoco prima o poi di bruci.

Poi arriva il momento in cui la donna decide di rompere questo schema, di liberarsi del ruolo della preda. E l'uomo, incapace di comprendere un diverso sistema di relazione tra i sessi, è portato alla violenza: può limitarsi a un insulto. Si spiegano così le centinaia di meme contro l'avvocata Chaty La Torre, che in questi giorni si sta occupando di Revenge Porn: "Quando non ti scopa nessuno, allora devi occuparti di quelle che ancora lo fanno drizzare a qualcuno". Lei ha fallito come preda. Lei non è desiderabile, quindi è difettosa e infelice. O può arrivare allo stalking, allo stupro, all'omicidio. Il concetto di base è lo stesso: semplicemente cambiano le modalità, alcune sono più violente di altre.

E' questo ciò che sta alla base del Revenge Porn: la donna non è più il tuo oggetto del desiderio, non è più "tua", quindi ti senti legittimato a umialiarla, supportato da una società che ancora vede con scandalo il binomio donna-sesso. La donna è coperta di tabù: il suo desiderio e la sua determinazione in ambito sessuale non sono tollerati. Per questo un video erotico contenente una donna fa molto più scandalo rispetto a un video erotico che vede protagonista un uomo. Per questo esiste il termine puttana, ma non il corrispettivo maschile.

"Avevi solo da non mandare quelle foto" è una frase sterile, il cui significato reale è: la libertà sessuale delle donne non è consentita.

Il Revenge Porn è solo uno dei tanti modi in cui viene perpetuata la violenza di genere. Ora, cari uomini che state leggendo questo articolo, so cosa state pensando: non siamo tutti così. E' vero, non siete tutti così. Non tutti fate parte di quei gruppi telegram, non tutti avete ucciso la fidanzata che vi ha lasciati. Ma siete abbastanza perchè si parli di fenomeno di oppressione, in cui a rappresentare l'oppressore sia il genere maschile. Inoltre, se davanti ad una situazione del genere l'unica cosa che sapete dire è:"Ma io no", puntando i riflettori su voi stessi, ci state facendo del male. "Ma io no" non è la prima cosa che dovete dire quando migliaia di donne sono vittime di abusi, stalking, revenge porn e diffamazione, quando alcune sono state licenziate perchè video a contenuto sessualmente esplicito che le vedono protagoniste sono finiti in rete o, per lo stesso motivo, si sono suicidate. Non potete lavarvene le mani. Avete un ruolo di potere in questa società, che lo vogliate o no. Le probabilità che subiate molestie sul lavoro, cat calling per strada, che qualcuno vi stupri o che la vostra ex partner vi uccida sono molto più basse rispetto a quelle di noi donne (e non è una gara a chi soffre di più: nessuno vuole sminuire la sofferenza della singola esperienza, la questione è che voi uomini non siete vittime di un fenomeno di oppressione sociale). Nessuno vi rifiuterà mai sul lavoro solo perchè avete una vagina. Quindi parlate. Fate notare agli uomini che vi circondano che fischiare una ragazza per strada è sbagliato. Che i corpi delle ragazze non sono a loro disposizione e devono tenere le mani a posto. Che diffamare l'ex è reato. E se un vostro amico fa la solita battuta sessista, invece di ridere, ditegli:"Sta' zitto, coglione". Arrabbiatevi quanto noi. Educate insieme a noi. Siate nostri alleati. Pensate sul serio che i membri di quei gruppi telegram, che considerano le donne "carne da fottere", ascoltino noi donne? No. Ma possono ascoltare voi. Avete un privilegio, perciò usatelo per combattere questa cultura malsanadi cui facciamo parte. Perchè se tutto ciò che sapete fare è dire:"Non io" dimostrate che non tutti gli uomini sono il degno risultato del patriarcato, ma voi sì, lo siete.


Beatrice D'Auria




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