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Fuga o rifugio?

Fuga o rifugio?

Sparire. Non è ciò che desidera ognuno di noi quando la vita inizia a far sentire il suo peso?

Prendere tutto e andarsene, ritirarsi in una vita diversa, appartata. Un pensiero che ci passa nella testa, ma che non ha nulla di realtà, è solo un'ipotesi che accarezziamo da lontano. Eppure nei libri capitano cose che nella vita di tutti i giorni non succedono e ai nostri personaggi possiamo far fare cose che noi non avremmo il coraggio di fare.

Così dice Michele Serra in un incontro a scrittorincittà parlando del suo ultimo libro, "Le cose bruciano". Serra ammette di aver desiderato più volte di compiere il gesto di Attilio, il protagonista del libro. Un politico non ancora cinquantenne che dopo una profonda delusione professionale decide di ritirarsi completamente dalla vita pubblica, di andare a vivere in montagna e dedicarsi alla vita agreste.

La storia di una fuga quindi, fuga che però non è mai fuga da se stessi, ed infatti Attilio si troverà anche nel suo nuovo mondo a dover fare a patti con il passato. Michele Serra ha voluto rappresentare un percorso interiore: Attilio scappa da sé, scappa dalla sua stessa ossessione di avere ragione. Improvvisamente si rende conto della sua arroganza e decide di andarsene per imparare a essere umile.

Nella vita condotta precedentemente era stato incapace di liberarsi delle cose, ora si rende conto che questa è una necessità, e così progetta un falò, un grande fuoco per liberarsi non solo di molto oggetti inutili, ma anche della memoria, dei ricordi, anche delle fotografie che fanno sembrare le persone che raffigurano più morte di quanto lo siano in realtà. In questo percorso terapeutica sarà la natura, e terapeutico il lavoro fisico, che pulisce la mente. Lo stacco rispetto alla metropoli fa sì che Attilio capisca improvvisamente che lui trova la sua identità con solo poche persone e che queste gli bastano. Scopre la bellezza di non dover più dannarsi per piacere alla moltitudine, ormai vuole piacere soltanto alle persone che ha intorno e con cui vive.

Ciò che presenta questo libro è un'alternativa di vita forse poco contemplata, ma pura e rigenerante come poche altre. Serra lo ha definito un libro di "asocialità", ma proprio per questo un libro carico di momenti di profonda felicità.


Francesca Torchio

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