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Suoni mai visti

Ho scoperto che un momento di introspezione emette un suono.


Succede che ci si rende piccoli piccoli e ci si cala nel pozzo profondo di ciò che siamo, affidandoci ad una corda di cui assolutamente non conosciamo la resistenza: non sappiamo se si romperà, lasciandoci in quel luogo mai esplorato prima. Non sappiamo nemmeno se attraverso questo viaggio visiteremo luoghi che non abbiamo voglia di scoprire, perché è così, capita di imbattersi in pendii scoscesi, in deserti aridi, in foreste piene di oscure creature fameliche. Ciò succede soprattutto se questa introspezione non è scelta, bensì giunge per sbaglio, per colpa di qualche pensiero errante che sfugge al nostro controllo. Indipendentemente dal motivo che la genera, tale analisi interiore produce un suono: è il suono di una corda che sfrega negli ingranaggi di una carrucola, che geme per il peso della calata. È un suono famigliare, ma allo stesso tempo sconosciuto: è capitato certamente a tutti di trovarsi in una situazione simile prima d'ora, eppure non ha mai risuonato così nitidamente, perché?


Mi è capitato di udire anche, in qualche momento, il suono i sogni infranti, completamente diverso dal precedente, decisamente simile al crepitio che produce il ghiaccio, quello che si forma sul pelo dell'acqua di piccole pozzanghere all'inizio dell'inverno, quando viene calpestato. Uno scrocchiare sommesso, fragile, ma corposo. Ma quanti sogni si sono infranti? Probabilmente tanti, soprattutto per le persone che immaginavano di cambiare la loro vita in un non troppo lontano avvenire, di spiccare il volo verso nuove avventure, di mescolare la propria cultura con quella di qualcun altro. Per sentire questo suono è però necessario essere più attenti, è necessaria un'azione di immedesimazione, è necessario concedersi un attimo di meditazione profonda, lasciando fuori l'egocentrico “io” e dando spazio al timido “l'altro” e solo allora sarà possibile sentire il ghiaccio frantumarsi.


Ho sentito, invece, frequentemente il battere costante delle paure che suona come il martellare di una grancassa. É un fenomeno strano quello della paura, perché suona in egual modo a prescindere da quale sia il motivo per cui le pelli tirate del tamburo vengono percosse. Non si sente nitido, forte, prorompente, perché non sarebbe il comportamento più appropriato per questa emozione, essa esiste come sottofondo a qualsiasi altro tipo di suono si stia cercando di ascoltare: è intenso, persistente e udirlo fa crescere ancora di più il numero di grancasse suonanti e a volte si può rischiare di rimanere sommersi o stregati, come da un canto delle sirene.

É un evento nuovo udire questi suoni, può capitare adesso, soprattutto nei momenti in cui accade che dalle strade provengano pochi rumori, in cui sembra che sul mondo sia calato un sonno dolce di cui si sente solo il respiro pacato. Sentire il silenzio può essere angosciante, poiché esso ora risulta anomalo, per certi versi quasi sbagliato e ci si rende conto di quanto il famoso ossimoro “silenzio assordante” non abbia una funzione solo didattica, non sono due parole accostate per caso, hanno il potere di creare un'immagine.

Eppure, in questo mare di suoni bui, risuona il tintinnio di qualche campanello, a lasciare traccia del perdurare dei sogni, emanati da chi è stato capace di ricostruirli dopo averli visti andare in frantumi; da chi li ha trovati nel suo vagare nel proprio essere; da chi li aveva perduti in qualche archivio ed ha avuto l'occasione di riportarli alla luce; da chi li usa per tacitare le grancasse che gli risuonano intorno.


Come elaborare tutto questo? Come poter tendere l'orecchio e percepire una sinfonia tanto vasta dando ad ogni elemento il giusto spazio, il giusto valore?

Si può, è richiesto uno sforzo per cercare di assimilare i mormorii di chi ci circonda, senza chiuderci in una bolla insonorizzata, anche se questo sarebbe più facile, perché a volte la felicità altrui sembra difficile da sopportare, ma alcune atrocità sono ancora peggio.

Questo tipo di udito non conoscere alcun tipo di limite fisico, bisogna solo aver coraggio e prepararsi a sentire tutto il repertorio che l'uomo può offrire, tendere l'orecchio e ascoltare: sentire le risate delle persone vicine, le preoccupazioni che si portano appresso i passanti, i pianti di chi soffre, lo schiocco di un arma da fuoco, i fischi delle bombe.





Viola Talini

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