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L'immigrazione dimenticata

  • Immagine del redattore: Prospettive Magazine
    Prospettive Magazine
  • 14 feb 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

«Più che per la repressione, soffro per il silenzio del mondo»

La scienza moderna non nasce con Galileo e Newton, triste costrutto dell’età moderna; le sue origini vanno retrodatate di almeno duemila anni, alla fine del IV secolo a.C., ai tempi di Euclide, Archimede, Aristarco di Samo e Eratostene per intenderci. In questo periodo storico avviene la prima rivoluzione scientifica, con le sue fondanti scoperte e, soprattutto, vede la nascita di un metodo scientifico, elemento basilare su cui poter costruire un tale tipo di sapere.

Tutto ciò è esposto magistralmente nel saggio geniale e capitale di Lucio Russo, fisico e filologo della scienza e docente all’Università Tor Vergata di Roma, dal titolo “La rivoluzione dimenticata”. In questo volume viene rimarcata l’importanza di comprendere le connessioni logiche che intercorrono tra le scoperte scientifiche, senza le quali si corre il rischio di credere alla favola della mela di Newton piuttosto che dipingere Galileo come un Robin Hood della scienza; l’estremizzazione di questa tendenza è l’idolatria dei momenti e delle figure. Non si tratta di togliere dei meriti, semmai di analizzarli e contestualizzarli; solamente con un’indagine dei testi e delle fonti in possesso dei più grandi scienziati moderni si può capire la loro genialità e, al contempo, comprendere quella dei loro predecessori.

Il tutto ebbe inizio formale nel periodo ellenistico, periodo storico che inizia nel 323 a.C. anno della morte di Alessandro Magno; ovviamente si tratta di una data periodizzante, scelta a posteriori, che al netto delle facili demarcazioni, sottintende numerosi collegamenti con il periodo storico precedente. La città che più di tutte è espressione di questo cambiamento è Alessandria d’Egitto, fondata proprio dallo stesso Alessandro nel 331 a.C., che vedrà nel giro di pochi decenni crescere esponenzialmente il proprio numero di abitanti tanto da farla diventare la città più popolata del mondo. Siamo di fronte alla prima forma di urbanizzazione massiccia della storia, dove la città cessa di essere quel quadro armonioso ed equilibrato dove si esercita l’attività politica, ma diventa perno commerciale e mercantile; per risolvere il problema della sovrappopolazione non si ricorre più alla fondazione di nuove colonie o alla limitazione delle nascite, ma si iniziano studi e politiche di sviluppo urbano guidato e razionalizzato. Questi netti cambiamenti culturali sono dovuti principalmente da due fattori; il primo è di tipo endogeno e consiste nello straordinario sviluppo tecnologico delle popolazioni dell’Egitto e della Mesopotamia, le quali, lungo il corso di millenni, hanno trasmesso e accumulato numerose conoscenze empiriche. Il secondo fattore è esogeno e riguarda l’immigrazione massiccia di numerosi greci che ha avuto il suo apice nel IV secolo a.C., in quanto attratti da quella innovativa e straordinaria conoscenza tecnologica. La peculiarità di questo avvenimento consiste nel rapporto e nell’impatto degli indigeni sui nativi; nei rapporti di forza furono proprio i primi a prevalere non tanto per una maggiore superiorità tecnica, quanto per l’avere a disposizione degli strumenti culturali nettamente maggiori. In Grecia sicuramente non c’erano strumenti minimamente comparabili con quelli egiziani o sumeri, ma al contempo si era sviluppata una filosofia culturale che giocò un ruolo essenziale; in quanto permise che ciò che prima era durato millenni fosse trasformato nel giro di periodi cronologici nettamente inferiori. Fu quindi una capacità di tipo dialettico che permise la nascita del moderno metodo scientifico, non più basata sulla mera tecnica, ma facente capo ad un livello di discorso più ampio capace di creare delle regole di corrispondenza tra quella che è la teoria e ciò che sono gli oggetti concreti. La portata colossale dell’evento la si può racchiudere portando l’esempio dello sviluppo eccezionale dell’idraulica, la quale svolgeva un ruolo essenziale per tutte quelle civiltà che necessitavano di coordinare i lavori di irrigazione dei campi con quelli di costruzione degli argini, esigenza che Karl Marx sottolinea come propria di tutte quelle civiltà fluviali, dall’Egitto fino al Fiume Giallo. Ebbene, i lavori di idraulica nel giro di pochi anni hanno ottenuto consistenti studi e miglioramenti, superando le competenze autoctone pregresse. Nessun esempio è più lampante e significativo dei meccanismi di integrazione che portano ad un livello tale di arricchimento culturale e tecnologico senza precedenti. La nostra povera idea moderna di racchiudere e categorizzare gli ‘Antichi’ in un’unica categoria consta pertanto di numerose e vistose imprecisioni, tali da dover rendere esplicite più le differenze rispetto le somiglianze, tali da rendere necessario scindere quel legame tra Roma e la Grecia. Perché se oggi si crede alla nascita della scienza da Galileo e Newton in avanti, lo si deve alla politica imperialista di Roma che ha portato alla distruzione delle civiltà a lei superiori tecnicamente e culturalmente, lo si deve al riduzionismo attuale di considerare il passato come un unico ammasso amorfo, lo si deve al nostro gusto del facile ed effimero superficiale.

Un ultimo elemento mi pare interessante in quanto permette di compiere un collegamento pindarico tra l’ellenismo e l’epoca contemporanea; questo aspetto è inerente al gusto del colossale, trait d’union tra la Grecia ellenistica e la nascita degli Stati Uniti d’America. Due statue monstre poste sul mare: il Colosso di Rodi e la Statua della Libertà. Quest’ultima opera è stata inaugurata non casualmente nel 1886, anni cruciali per gli States in quanto stava prendendo avvio la seconda grande rivoluzione industriale. Si stava allora strutturando quella grande forma di organizzazione del lavoro, che è il taylorismo, e di organizzazione della società, qual è il fordismo; iniziava lì l’età d’oro del capitalismo mondiale, che durerà fino ai primi anni del XX secolo.

Uno sviluppo di questo tipo necessita ovviamente di una quantità di manodopera notevole, che sarà proprio frutto di una delle più grandi immigrazioni della nostra storia, di cui, è bene ricordare, l’Italia ha goduto del primato a livello numerico di immigrati negli Stati Uniti fino alla Prima Guerra Mondiale. Quest’epoca che porta con sé una crescita esponenziale e senza regole della produzione, ha al contempo molti, troppi, risvolti oscuri, specie per i lavoratori, mal retribuiti e sfruttati con orari da stacanovisti, senza garanzie di ordine sindacale. Queste masse enormi di salariati rappresentavano una necessità dal punto di vista imprenditoriale, in quanto senza manodopera non prendeva il via la produzione, ma al contempo un grosso problema da dover gestire in caso di disordine. Come addolcire quindi le “belve”? Facendole combattere tra di loro, istigando una guerriglia tra le varie etnie e gli immigrati dei diversi Paesi; usando una dialettica becera che istiga l’odio tra i poveri e la discriminante del diverso. Novità delle novità…

Abbiamo visto la scienza moderna nascere e crescere sotto l’impulso della dialettica e di regole generali di corrispondenza; per non perdere questo approccio critico e scientifico anche la storia va trattata come tale, non va ridotta a divertissement o a diceria da e di quartiere. Nuovamente la storia si ripete in forme sempre nuove e diverse, ma con forti legami col passato; bisogna saperla leggere, bisogna saperla studiare criticamente e, forse, forse solo allora si potrà avere una parvenza di coscienza.





Andrea Giraudo

 
 
 

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