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La solidarietà ai tempi del Corona Virus

In queste lunghe giornate che ci ricordano per molti aspetti, il periodo della peste descritta dal Manzoni nei Promessi Sposi, ci troviamo tutti a vivere momenti di grande difficoltà. Spesso ci lamentiamo della nostra condizione attuale, ignorando tuttavia il fatto che nel mondo, esistono situazioni e casi ben peggiori dei nostri e che, se siamo a casa, comodamente seduti sul divano, dobbiamo già considerarci molto fortunati. Ora, più che mai, molte persone hanno bisogno di aiuto; organizzazioni di volontariato, come la Caritas, necessitano di volontari, in quanto, a causa della paura del virus, molti hanno rinunciato all’operato; i pochi rimasti ad aiutare e a servire un pasto caldo ai numerosi senzatetto non sono sufficienti e si ritrovano a dover fare molti turni. Anche l’Avis sta riscontrando un gravissimo calo dei donatori in quanto di norma in Italia ogni giorno 1800 persone vivono grazie al sangue proveniente dalle donazioni e siccome si è arrivati ad un calo del 10%, la sanità teme il peggio, in quanto ad oggi purtroppo non esiste sangue artificiale. Andando verso un esaurimento del sangue molte persone affette da gravi patologie, saranno costrette a rallentare le cure. Non solo le operazioni chirurgiche, ma pure le chemioterapie rischiano per la prima volta di fermarsi per carenza di sangue. In questo momento, oltre ai numerosi malati da covid-19, vi è una schiera di persone tra uomini, donne, ragazzi e bambini gravemente malati o affetti da patologie rare e che pregano ogni giorno che il virus non arrivi nelle loro case. I posti letto nelle rianimazioni sono pochissimi e se la situazione continuerà ad andare avanti senza migliorare, si pensa che si arriverà ad una selezione su chi potrà usufruire del posto e chi no. Per non parlare dei grandi capi di stato e politici nazionali ed internazionali, che anziché preservare il benessere e la salute dei cittadini hanno preferito, in alcuni casi, salvaguardare l’economia sponsorizzando le uscite e andando a fare aperitivi.


Stiamo riscoprendo un senso di solidarietà infinitamente più grande.

Tutta questa situazione di angoscia, ha fatto sì che la maggior parte di noi si concentrasse più su stessi e meno sugli altri portando però alla luce, dopo un primo momento di smarrimento, tanti gesti di solidarietà da parte di moltissimi italiani, ma anche da parte delle persone straniere verso il nostro Paese. Infatti, in questi giorni, messi a terra da un virus infinitamente piccolo, stiamo riscoprendo un senso di solidarietà infinitamente più grande. Oltre 100 mila “angeli” nelle nostre città sono impegnati ogni giorno, in prima linea nell’assistenza alle persone più fragili, con la consegna a domicilio di farmaci e alimenti, nei montaggi delle tende da campo per aiutare gli ospedali e nella distribuzione di mascherine sul territorio, oltre alla preziosissima disponibilità di migliaia di medici e infermieri volontari.

A Napoli in questi giorni sono nati i panieri della solidarietà calati dai balconi nel centro storico, un’iniziativa che spinge i passanti a donare quello che possono ai più bisognosi. In questi cestini è spuntata anche una scritta molto significativa “chi può metta, chi non può prenda”. Gesti di solidarietà che non hanno un prezzo e che ci portano ogni giorno a ringraziare tutte queste persone.


“Loro ci hanno salvato dal mare e noi adesso vogliamo fare qualcosa per Milano, la città che ha accolto noi e i nostri figli"

Tuttavia, in questo periodo di pandemia, anche la solidarietà degli stranieri verso noi italiani si è vista. La stessa Cina, che fino a poco tempo fa, in molti criticavamo, ha fin da subito mostrato al nostro paese la sua vicinanza e solidarietà, mandando da Shanghai un volo cargo con circa 10 tonnellate di materiale sanitario costituito da ventilatori polmonari, mascherine, tute protettive e un grande gruppo di medici e infermieri pronti ad aiutare. Un altro esempio di solidarietà viene da Milano, dove la comunità Etiope Oromo ha donato beni alimentari alla Croce Rossa, per esprimere solidarietà alla città colpita fortemente dall’emergenza, una spesa solidale composta da carrelli ricolmi di beni alimentari a lunga scadenza e prodotti per l’infanzia. “Loro ci hanno salvato dal mare e noi adesso vogliamo fare qualcosa per Milano, la città che ha accolto noi e i nostri figli…” ha spiegato Husen Abdussalam, presidente dell’associazione. Oppure parlando di Sameh Ayad un giovane commerciante egiziano che vive e lavora in Italia, nel suo negozio a Canonica d’Adda, ha esposto sul suo bancone un cartello che invita chi ne ha bisogno, a prendere frutta e verdura gratuitamente, in segno di vicinanza alla comunità che lo ha accolto dieci anni fa. Per non parlare delle numerose immagini e video inviati da molti Africani per esprimere la loro vicinanza e solidarietà all’Italia; un’immagine che mi ha particolarmente colpita è stata quella dei bambini della scuola di Gachoka ed Embu, in Kenya, in cui con grande tenerezza i bambini tenevano un cartello con su scritto “forza Italia”, perché davanti alla disperazione e alla paura siamo tutti uguali e non esiste una nazionalità o una carta d’identità che tenga. Per chi pensa che in questo mondo così veloce, globalizzato e capitalista non ci sia il posto per altri o non esista l’altruismo tra nazioni diverse, si sbaglia. Dobbiamo anche ricordare infatti, quattro grandi donne provenienti dalla Colombia, Africa, Albania e Italia che stanno collaborando insieme all’Ospedale di Cremona per aiutare i pazienti affetti da coronavirus; perché su questa nave in burrasca ci siamo tutti e nessuno si salva da solo. Per non dimenticare i preziosissimi aiuti da parte di Russia, Cuba e Albania e altre nazioni che hanno voluto dare il loro prezioso contributo. Quando tutto questo sarà finito, spero che tutti impareremo a guardare il mondo e le persone sotto un’altra ottica e sotto un altro punto di vista; per capire che in realtà è inutile difendere e proteggere confini che non esistono o giudicare e escludere persone solo perché di un’altra nazionalità o ceto sociale. Siamo tutti uomini fragili e forti allo stesso modo e non esiste una cultura superiore e una inferiore, non esistono cittadini di serie A e di serie B, abbiamo tutti gli stessi diritti, gli stessi sogni e la stessa voglia di vivere la vita e si spera che questa, al nostro ritorno, possa essere migliore, perché in fondo, tra i tanti insegnamenti che la pandemia ci ha dato è sicuramente una grande lezione di umanità.

Michela Rosso



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