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SOTTO PRESSIONE

Acqua che bolle, tempo che scorre, fame che attanaglia e angoscia che esplode in un flebile respiro che ognuno di noi ogni giorno compie seguendo le orme di un fantoccio sconosciuto. Ci perdiamo un po' tutti ad un certo punto, chi è fortunato si ritrova, chi lo è meno rimane intrappolato in una gabbia che si restringe e che non può contenere una forma che non si conciglia perfettamente con le sue dimensioni. E allora soffochi lentamente, asfissiato da un sistema di tubature che non sono in grado di ripulire l'aria e che ti fanno respirare tossine aggressive verso i tuoi sogni che delicatamente si spengono e mai più si riaccendono. L'acqua continua a bollire sul fuoco e io continuo a cercare l'appettito per coglierlo di sorpresa e sparargli proiettili molli al sugo, ma non riesco proprio a trovarlo, è da giorni che non si fa vedere. Qualcuno l'ha visto? La polvere abbonda sul campanello, se lo vedete ditegli di tornare, ditegli che lo tratterò meglio e che mi tratterò meglio. La pressione sale, al momento mi sento uno dei meno fortunati, non riesco a trovarmi in questo mondo annebbiato, non c'è il sereno per noi, spero uscirà presto. Ci gettano qui fuori come pesci pronti per farci pescare da pescatori più grandi di noi con esche che si intrufolano nei nostri stomaci e rimangono lì a lacerare tutto per mesi.

Forte chi resiste ma io forte non lo sono mai stato, e quella esca dentro di me la voglio tenere solo se mi fa meno danni che altro.

Domani potrebbe esser l'ultima mia nuotata, perchè devo morire già oggi? I muri di casa si restringono per noi vagabondi e quando succede esco fuori dove le pareti si restringono molto più lentamente e ho più tempo prima di soffocare. Tempo per trovarmi la gabbia su misura e magari l'appetito che va a braccetto con il tempo, offrirò loro una tazza di me caldo, da bere lentamente. Eccoli i cento gradi, l'acqua è pronta ma il tremore delle mani mi distrae, non voglio andare fuori

oggi pomeriggio, non voglio prendermi quell'esca terrificante, voglio restare qui, voglio esser un inetto al sicuro e senza gabbia. Non voglio esser un soldatino, non voglio fare qualcosa che non mi va di fare.

Voglio uscire da questa gabbia sociale, voglio vivere il più possibile e morire il meno possibile, voglio un mondo nuovo e nessuno potrà farmi cambiare idea, sbatterò tutta la rabbia in faccia a chiunque proverà a darmi contro!

Ma il filo dei miei pensieri, invaso da tremori e ansie represse, viene tagliato da uno squillo del mio telefono.

<< Signor, egregio, eminente, può recarsi due ore prima sul posto di lavoro oggi pomeriggio? >>

<< Certo, non c'è problema! >>

Acqua che bolle, tempo che scorre, fame che attanaglia e angoscia che esplode in un flebile respiro che ognuno di noi ogni giorno compie seguendo le orme di un fantoccio sconosciuto.

E' tardi, mangerò domani.


Samuele Toro

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