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L’amore per la legge è paura della libertà. (?)

Questa frase (scritta su un muro) è stata fotografata da una lettrice a Venezia.

Tocca adesso a noi (ovviamente con il vostro aiuto) interrogarci sulla possibile veridicità di queste parole. Partiamo dal significato della parola “legge”: /'ledʒ:e/ s. f. [lat. lex legis, prob. affine a legĕre, come equivalente del gr. légō "dire"]. - 1. ciò che guida ogni condotta etica, sociale o giuridica [fonte: Treccani]. Insomma, tutte espressioni che in effetti conducono a un pensiero di limitatezza, di uno spazio ben determinato, di un ambito ben definito e che, se abbandonato, porta a conseguenze non certo piacevoli. Tra i sinonimi della parola “legge”, figurano questi termini: giustizia (s.f.), autorità (s.f.), potere (s.f.), facoltà (s.f.), norma (s.f.), regola (s.f.), consuetudine (s.f.), tradizione (s.f.), uso (s.f.), prassi (s.f.), precetto (s.f.), tecnica (s.f.), insegnamento, direttiva [fonte: Virgilio.it].

Distaccandoci per un momento dall’ambito giuridico, per poi inevitabilmente ricongiungerci con esso (pur non essendo esperti in antropologia ed etologia, possiamo intuire il riferimento alla legge, nella frase in esame, intesa come ordinamento giuridico), compiremo quindi un breve excursus, per notare quanto la legge intesa come “regola” (sinonimo, v.a.), sia al centro della convivenza non solo umana, ma animale e persino “vegetale”, e intercorra tra le categorie stesse. Sappiamo che gli animali, soprattutto quelli che conducono vite in branco, si dotano di un ordinamento (più o meno standardizzato) di regole al loro interno; così come le piante seguono determinati “dictat naturali”, tra insetti vigono rigide strutture gerarchiche che rispondono a regole determinate. Ovviamente, questi “mondi” si incontrano su un terreno comune, ove vigono norme di coesistenza (che si concretizzano negli ecosistemi). Questo per far comprendere quanto le regole (“leggi”) siano importanti persino tra quelli che noi reputiamo esseri inferiori; ciò che ci serve di questo breve ragionamento, è il fondamento che ci conduce ad una inevitabile verità storica: l’uomo, in comunità e non, è portato a stabilire regole per sé e per i suoi conviventi. Partendo dallo stato di libertà più puro, e quindi uno stato “primitivo”, l’uomo preso singolarmente, per progredire e non subire le violenze di altri umani, rinuncia a parte della libertà assoluta per farsi dare delle leggi; così come l’uomo che vive in gruppo, limita la sua libertà in favore di leggi che portino alla convivenza pacifica, ed alla cooperazione. L’uomo ha sempre avuto, da quando se ne ha memoria storica, una serie di regole, scritte o meno, che oggigiorno definiremmo come un “ordinamento”, più o meno rigido che fosse. Ragionamenti che sicuramente portano alle teorie di Hobbes e Locke. Spostandoci su un piano un po’ più attuale, con un occhio al futuro, consideriamo: in un mondo

divorato dagli individualismi, dalla ricerca di autoesaltazione, ove si è giunti persino alla creazione di profili virtuali forti di una serie di esperienze selezionate da dare in pasto ai followers, dove tutto è ridotto a competizione o gara (dalle più banali alle più importanti e formali, il principio è uguale); un mondo che persino quelli che noi definiamo animali, chiamerebbero “da bestie”; sorge la domanda: è possibile lasciare la più totale libertà agli individui, preda delle pulsioni consumistiche e materialistiche, o più semplicemente, dalla ricerca di un lavoro o del successo? Ce lo rispondono loro, con una scritta su un muro, in barba alle regole di civile convivenza.

Un inizio che sicuramente promette bene.

Gabriele Lacanna


Gabriele Lacanna

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