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Un trattato che ci rende complici

"Solo quando capiremo che queste storie ci riguardano, non permetteremo più di trattare l’immigrazione come un’emergenza, come un’epidemia."

Queste alcune delle toccanti parole del giornalista Roberto Saviano durante il suo intervento a Che tempo che Fa domenica 2 febbraio 2020.

Una data particolare, non solo perché palindroma, ma perché ha segnato anche un avvenimento importante, che sempre ha a che fare con l'immigrazione: il rinnovo dell'accordo Italia-Libia firmato lo stesso giorno di tre anni fa dal governo italiano con Tripoli, per limitare gli sbarchi dei migranti dal Nordafrica. Il Memorandum d’intesa è stato infatti prorogato in maniera automatica per altri tre anni, così com'era, senza quelle modifiche che da allora erano invece state sollecitate dalle associazioni. Quello stesso accordo che, nato con l'obbiettivo di "contrastare l'immigrazione illegale, il traffico di esseri umani e il contrabbando", ha invece stabilito una collaborazione con la Guardia costiera libica poi ripetutamente accusata per traffico e detenzione di esseri umani. Certamente gli aiuti economici e il supporto di mezzi garantiti dal nostro Paese alla Libia hanno contribuito a ridurre le partenze, ma non sono migliorate le condizioni di vita dei migranti, ammassati nei "centri di accoglienza", o meglio, in quelli che sono lager. Sì, perché ci è stato detto che si è passati dai 100mila sbarchi in Italia nel 2017 ai quasi 10.000 del 2019.

Ma questi numeri non ci raccontano invece che cosa sia successo a quelle persone che dalla Libia invece non possono partire. Come è noto, l'ONU ha denunciato le violazioni di diritti umani perpetrate nei centri di detenzione libici per mano dei miliziani e dei trafficanti: torture, abusi, violenze sessuali, stupri, all’interno di quelle strutture finanziate anche dal governo italiano. La proroga per altri 3 anni del Memorandum non fa che sottolineare il clima di impunità all'interno del quale si stanno consumando queste tragedie umane, con la nostra capitale che non potrà far altro che rispettare gli impegni presi con il governo libico tre anni fa. Ma la Libia non è più un 'porto sicuro', e questo noi lo sappiamo. Inoltre, nonostante l’articolo 80 della Costituzione stabilisca che gli accordi internazionali di natura politica debbano passare per le Camere, questo non è avvenuto per l'accordo Italia-Libia: per questo motivo, di fronte a Montecitorio, gli esponenti di Radicali Italiani hanno protestato, bavaglio sulla bocca, per la sospensione del trattato. Un trattato che ci rende tutti complici, che lo vogliamo o no, di queste violazioni: violazioni di diritti umani.

Vorrei concludere con le parole sempre di Roberto Saviano per La Repubblica:

"Non si possono chiudere i porti, non si possono bloccare i flussi migratori; si tratta di sfide epocali che si devono affrontare con senso dello Stato, con senso della comunità e con l'umanità del diritto. Non sento di poter chiedere a questo governo un cambio di rotta, ma se il suo destino è segnato, che

almeno dimostri di tenere in conto la vita umana."

Virginia Burdese

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